Da dove poteva provenire una band famosa per le sue strepitose esibizioni live se non dalla “Città della Musica Live” e cioè Austin, Texas? Hanno suonato per anni ma hanno all’attivo tre dischi con questo nuovo Hail Mary (Geronimo 2015 e Coast 2012) e hanno finalmente raggiunto l’apice compositivo, grazie anche ad una produzione eccezionale e ad un suono originale ma ancorato alle radici texane della band. Country rock energico, con violini sugli scudi e una parte vocale davvero eccellente. Ecco questi sono gli Shane Smith and The Saints, una scoperta relativamente nuova per chi non vive nel Lone Star State ma ormai celebrità nella loro terra di cowboy e countrymen. Alle abilità musicali vanno aggiunte quelle liriche, mai banali, intense e con una connotazione religiosa che le rende davvero originali per il genere. Sin dalla partenza del disco, Heaven Knows, si capisce subito che il lido su cui siamo approdati non è catalogabile o affine ad altri artisti che fanno del country-folk la loro casa (Mumford & Sons oppure Turnpike Troubadours), ha un appeal quasi gotico ed epico ma il sapore della polvere e dei serpenti a sonagli c’è ed è un valore aggiunto. L’assolo poi che arriva poi al centro spezza la tensione come un fulmine che poi ripiomba nel deserto. Partenza col botto! Al contrario con la seconda traccia, Whirlwind, l’atmosfera si fa più spensierata, il violino e la voglia di ballare la fanno da padrone, mentre il cantato è sempre in primo piano. La voce profonda ed espressiva dà un tono unico alle canzoni. Oklahoma City col suo incipit violino, tastiere e voce è lento ed emozionale, ma poi il brano aumenta di intensità con i cori e le chitarre elettriche, luci e ombre (l’invenzione emozionale portata nel rock da Jimmy Page, n.d.a.), per poi tornare nella calma ed esplodere in maniera elettrica sul finale. Fa capolino anche un non so che di southern rock alla Whiskey Myers, ed è un complimento sincero visto ormai il rango di maestri del genere raggiunto dai loro conterranei. La title-track è quasi un blues rock gotico, dall’incedere maestoso con i cori a potenziare la già bellissima voce di Shane Smith, davvero un lavoro eccellente e con il tocco perfetto del rumore del catene in sottofondo. L’assolo come in tanti brani del disco è bellissimo, lacera la tensione aprendo uno spiraglio di luce, attraverso un sapore cupo e, come dicevo prima, quasi gotico. Hanno fatto parecchi paragoni e ci hanno visto parecchie somiglianze e ispirazioni in patria e forse non tutte azzeccate ma forse quella che meglio si addice è un crossover fra Springsteen, Mumford e la musica del Texas. Ascoltatevi la splendida ballata Little Bird e capirete che il feeling è ondivago ma sempre di qualità sopraffina. Un disco non banale, intrigante che si conclude con The End, uno splendido brano di americana, banjo e chitarra, violini e sapore di saloon, che poi esplode in un brano solare degna conclusione di un lavoro eccellente. Il Texas raramente delude quando si parla di band che nel circuito live fanno boom, là la gente capisce la qualità ma anche la sincerità della musica, il sentimento che sta dietro e la passione : ecco questo disco che si conclude con percussioni, violino e chitarre ha tutto questo e anche di più. Fidatevi del Texas, ancora una volta.
Buon ascolto,
Trex Willer