Nella mia vita ci sono stati artisti che mi sono entrati subito nell’anima.
Band o cantanti che, fin dal primo momento, ho capito non mi avrebbero mai abbandonato.
Ricordo benissimo la prima volta che è successo con questa band: come sempre cercavo un artista nuovo da recensire per la rivista indipendente con cui collaboravo.
Ho ascoltato un pezzo incredibile, All I See Is You e un album pazzesco (Geronimo) di una band che non avevo mai sentito: Shane Smith & The Saints.
E’ stato amore al primo ascolto: la melodia, la voce che emozionava, il violino suonato in maniera magica, le chitarre, il ritmo.
Indagando avevo trovato il loro ultimo album con una copertina cinematografica: “Hail Mary“
Un suono originale e non catalogabile: avevo trovato qualcosa di speciale e, come spesso mi è accaduto, avevo trovato ciò che cercavo in Texas.
Sono passati 5 anni.
5 anni dall’ultimo disco di questa band.
5 anni sono tantissimo tempo nella vita di una band indipendente e sotto i ponti della vita di Shane Smith (voce e chitarra), Bennett Brown (violino e voce), Chase Satterwhite (basso e voce), Dustin Schaefer (chitarra solista e voce) e Zach Stover (batteria e voce), è passata tanta di quell’acqua impetuosa che avrebbe potuto far desistere chiunque.
E, al contrario, i ragazzi texani non hanno mollato.
Ci hanno creduto ogni giorno sempre di più: sono sopravvissuti a tour interminabili di 240 date l’anno su e giù per gli States, a tour bus bruciati, incidenti e anni di anonimato e tutto questo oggi li ha portati dove sono.
Oggi sono una delle band indipendenti più note e migliori del circuito.
Hanno migliaia di fans sempre in crescita in tutto il mondo,hanno partecipato ai più importanti festival, sono stati protagonisti in episodi di una famosa serie TV e suonano da headliner in location per concerti leggendarie.
L’attesa è stata febbrile e, personalmente, non attendevo così l’uscita di un disco dai tempi in cui ragazzino aspettavo il nuovo disco dei Metallica.
Finalmente, dopo 5 lunghi anni, il quarto album di Shane Smith & The Saints, Norther, è fra noi con la produzione di Beau Bedford e Shane Smith.
E’ una novità in parte perché sono usciti ben 6 singoli a supporto del disco e uno di questi singoli addirittura a giugno 2022: quindi ormai 2 anni fa.
E’ un lavoro che è la quintessenza dell’essere indipendente: registrato fra una data e l’altra a Dallas, impegnativo, sudato, ma dannatamente bello e poetico.
Shane Smith è da sempre affascinato dalla potenza della natura e dal suo essere allo stesso tempo bellezza e sconvolgimento e questo “vento del Nord” che si abbatterà sui vostri speaker è questo: bellezza e sconvolgimento.
Basta appoggiare la puntina sul disco e parte Book Of Joe, un suono che pare venire da lontano di chitarra e violino, un’intro che sa di cinematografico che poi esplode nel suono ormai marchio di fabbrica dei ragazzi texani.
Un pathos che cresce ed esplode, assieme alla ritmica, nel suono epico, fino ad arrivare alla voce profonda ed emozionante di Shane che ci narra la storia di una famiglia che sopravvive alla morte del patriarca lavorando duro di giorno e ballando la sera.
“La guerra dell’uomo ricco e la lotta di un uomo povero” è il quadro emozionante di un grande cantautore.
Come sempre uno dei segreti del suono di Shane Smith & The Saints è il violino di Bennett Brown: un genio che sarà riferimento per le generazioni a venire e in questa canzone ne dà un succoso assaggio.
Chitarre e violino dipingono un’intro da film anche in Fire in The Sky: sarà rock? sarà country? sarà blues? Sarà metal? Non si può catalogare, ma solo emozionarci quando la voce fantastica del leader porta l’epicità del brano a livelli pazzeschi.
Il basso di Satterwhite ricama un ritmo che ti avvolge e la batteria di Stover è un pulsare che scuote l’anima.
Gli assoli sono uno squarcio nel cielo tempestoso. Da brividi.
Il meraviglioso violino di Brown ci introduce Adeline, ma in questa ballata è la voce di Smith che recita la parte della protagonista cantandoci di come spesso ci si accorge dell’importanza di qualcuno quando lo si è perso.
I cori aumentano l’intensità fino all’esplosione della fantastica chitarra di Dustin “Sunshine” Schaefer, che brucia in un assolo da pelle d’oca e ancora una volta si intreccia con il violino.
Questi ragazzi sono un muro di suono e si prendono il proscenio a turno.
Sono stato testimone di un loro live ed è un’esperienza mistica, ma la cosa più incredibile di questo disco è stata riuscire a rinchiudere quell’energia in una scatola e poi liberarla nello studio di registrazione.
Anche in The Greys Between ci si emoziona, si balla al ritmo di un rock che profuma di country e passato.
Una storia d’amore che passa attraverso difficoltà, guerre e mari, ma resiste forte e non vuole saperne di scemare.
Navajo Norther arriva all’anima come la tempesta della copertina, come un film in cui si spalancano gli occhi, li si lascia bagnare dalle lacrime e le braccia sono coperte dalla pelle d’oca. Non ho altro da dire su questo pezzo incredibile: mi ha lasciato così senza parole da spendere.
Capolavoro.
Pensate di aver raggiunto il culmine dell’emozione?
Vi avviso che il violino di Brown ha idee diverse e in Field of Heather dipinge un altro struggente quadro cinematografico che prende lo stomaco, assieme alla chitarra acustica e alla ritmica che batte.
La storia potrebbe essere un libro, abilità dei grandi e narra di un veterano della Seconda Guerra Mondiale e degli orrori che ha portato con sé dal Belgio.
La natura e la sua potenza sono sempre protagoniste, così come la resistenza umana e il suo adattarsi al tempo che passa.
Wheels è, forse, il primo pezzo che rilassa l’anima.
Una ballata dolce e non banale che la voce meravigliosamente intensa di Shane eleva ad una bellezza semplice e toccante.
Diverso tenore di ballata è la successiva All The Way: solo voce e pianoforte, ma le emozioni sono così vivide che sentendo il respiro di Shane Smith e lo scricchiolio del seggiolino, si ha la sensazione di averlo davanti a noi.
La promessa di un amore eterno attraverso le difficoltà e l’arrangiamento volutamente asciutto mi hanno ricordato le registrazioni fatte dal compianto Johnny Cash per la American. Il paragone non è blasfemo, fidatevi.
Hummingbird la si conosce da ormai due anni, ma messa dopo una ballata che ci ha preso così l’anima e il cuore, è un battito d’ali che apre le nuvole.
Un brano meraviglioso in cui c’è tutto quello che il gruppo è oggi.
E’ il suono che la band ci ha messo anni a costruire: la quintessenza del “Shane Smith e i dannati Saints” sound. Chitarre sferzanti e assoli di una bellezza stordente, violino magico, voce pazzesca, basso che pulsa e batteria che martella.
Il testo che è poesia, un pò come il volo di un “colibrì”.
1.000 Wild Horses è un galoppo sfrenato verso la prateria, anche qui con un testo che è così vivido che sembra di vederlo davanti ai nostri occhi.
Sarà il timbro vocale di Shane, ma davvero ogni parola ci appare come dipinta sulle nostre pareti, mentre la ritmica ci avvolge, il violino e le chitarre si intrecciano, come stessimo cavalcando con la band.
L’epicità è parte integrante del loro modo di suonare e It’s Been A While è così: chitarre, basso, batteria e violino scuotono la nostra anima, mentre Shane non vede l’ora di tornare a casa in Texas.
La voce è quasi angosciante, la ritmica pulsante aumenta questa sensazione e le esperienze di lunghi tour da più di 200 date l’anno la rendono molto autobiografica.
Everything & More è una piccola opera d’arte di poesia in musica.
Una ballata acustica che cresce in intensità col passare dei minuti, l’amore per l’autore è tutto qui: “Se la città bruciasse in cenere e gli alberi diventassero fumo, tu saresti tutto ciò di cui ho bisogno e anche di più”.
Il tema delle difficoltà che arrivano e passano, della potenza della natura e dell’amore che resta saldo è un sentimento che permea tutto questo disco: resistenza e fede.
Il disco si chiude con Fire in The Ocean e non avrebbe potuto esserci chiusura migliore.
Un rock che brucia come un fuoco che nemmeno l’acqua può spegnere, una voce che ti entra sotto pelle e non ti molla più.
Epica, emozionante e di una bellezza stordente, fra chitarre, violino, assoli e ritmica battente. Il degno finale di un disco perfetto.
L’attesa non è stata vana amici, anzi è servita: le esperienze di questi 5 anni hanno permesso a Shane Smith & The Saints di regalarci un capolavoro che come un vento di tempesta porterà nelle vostre anime bellezza e sconvolgimento, emozioni e lacrime.
Vorrei urlare ad ogni amante della musica di afferrare al volo l’opportunità di fare questo viaggio nel film che i ragazzi di Austin, Texas hanno deciso di girare e regalare al mondo.
La voce che penetra l’anima, le chitarre che sferzano l’aria, la furiosa magia del violino, il cuore pulsante del basso e il martello del ritmo di batteria: questi sono gli ingredienti che vi regaleranno 52 minuti di bellezza.
Bellezza e sconvolgimento.
E ora conto i minuti che mi separano dal concerto leggendario che vedrò il 7 maggio 2024 a Morrison, Colorado, quando circondato dalla impressionante natura di Red Rocks, vivrò dal vivo queste emozioni come fossi in un film.
Buon ascolto,
Trex.