Ci sono domande eterne che in ogni ambito delle attività umane ogni persona si fa almeno una volta nella vita, anche solo per diletto ma nello sport e nella musica soprattutto, si ripropongono ciclicamente, cercando di paragonare epoche, eroi e situazioni differenti : chi è stato il migliore di tutti? chi è stato il più grande? Ogni disciplina ha la sua risposta e ogni volta è diversa. Nel calcio c’è chi risponde Pelé, chi Maradona, chi Crujiff, Di Stefano, Puskas o addirittura folgorato dal presente Messi o Cristiano Ronaldo. Ecco perchè il libro dell’ex-calciatore e avvocato, James Leighton, attira l’attenzione, con quella risposta alla famosa domanda già nel titolo a fianco di un nome che i ragazzi e giovani di oggi, ma anche meno giovani, neanche conosce (ahimè…) : Duncan Edwards. Chi era questo fantomatico “migliore di tutti”? “Il più grande” del titolo del libro di Leighton? La sola curiosità di rispondere a questa domanda potrebbe spingere gli appassionati a fare loro questo piccolo gioiello di letteratura sportiva. Ma non è solo questo, il libro non è una mera celebrazione del centrocampista del Manchester United, ma un cammino attraverso la sua vita, attraverso un mondo lontano anni luce dal nostro, dove i calciatori non erano le superstar di oggi ma semplici giocatori di uno sport in ascesa, persone normali che dovevano districarsi in una vita complicata si ma più libera da tutto l’odioso carrozzone che è il calcio moderno. Il libro è preciso, dettagliato e pieno zeppo di fonti dell’epoca, citazioni di ritagli di giornale e testimonianze. Se non credete alla risposta del titolo basterebbe la citazione dal mitico Bobby Charlton che disse in più di un’occasione che Duncan era stato l’unico giocatore a farlo sentire inferiore, unico che citerebbe alla domanda chi fu il più grande giocatore mai visto. Un ragazzone nato nelle Midlands inglesi a Dudley, uno con un fisico debordante soprattutto per l’epoca con gambe di quercia e piede sopraffino ma soprattutto un’intelligenza per il gioco privilegio di pochi eletti. Uno nato come mediano frangiflutti che con il passare del tempo divenne mezzala, rifinitore e anche centravanti in alcune occasioni e persino portiere con grande profitto, lanci perfetti, tiro potente e preciso e soprattutto una correttezza ed eleganza che lo rese unico e immarcabile, uno che andava all’Old Trafford in bicicletta e divenne la star dei famosi Busby Babes dello United, la straordinaria squadra del genio che rispondeva al nome di Matt Busby che ricostruì la reputazione della squadra di Manchester affidandosi a dei ragazzi di talento assoluto fra il 1953 e il 1958. Un talento che divenne anche il più giovane esordiente nella storia della nazionale inglese del dopoguerra, superato anni dopo solo da Michael Owen. Una storia vera e appassionante di un eroe popolare, che nel mezzo della sua carriera, nel pieno della sua esplosione dovette smettere 2 anni per il servizio militare, uno che divenne così famoso per l’epoca da essere conosciuto ad ogni angolo del paese ma non lo fece mai pesare e rimase sempre un orgoglioso figlio della classe operaia anche quando vinse due campionati di fila e la Charity Shield. Una carriera che sarebbe potuta diventare leggendaria se, quel maledetto 21 febbraio 1958 il pilota dell’aereo, che doveva riportare i Busby Babes a Manchester da Monaco di Baviera, dopo aver giocato una partita di coppa dei Campioni a Belgrado, non avesse deciso di partire nonostante il ghiaccio e la neve e fece schiantare il volo uccidendo 21 persone fra cui 7 giocatori. Edwards non morì sul colpo, ma al Krankenhaus Rechts der Isar per le complicazioni dovute a diverse fratture alle gambe, alle costole e ai danni irreversibili ai reni. Nonostante i tentativi di salvarlo con un rene artificiale, l’emorragia interna fu fatale e le sue ultime parole verso l’assistente di Busby, Jimmy Murphy che gli rimase accanto, furono “A che ora inizia la partita contro i Wolves, Jimmy? Non devo saltare quell’incontro“. Una tragica fine per un campione vero, dentro e fuori dal campo, senza vizi, senza eccessi e con un carattere da leader che lo avrebbero di certo reso più celebre di quello che già oggi è. Immergetevi nella lettura di questo meraviglioso libro se amate il calcio e lo sport ma anche solo le storie vere di un tempo, storie che oggi sembrano un altro pianeta, così anche voi potrete rispondere alla famosa domanda “chi è stato il più grande?” e rendere omaggio a Duncan Edwards, eroe mai abbastanza celebrato.
Buona lettura
Trex