“Be Right Here” – Blackberry Smoke (2024)

Lo confesso: non vedevo l’ora di ascoltare il nuovo album dei Blackberry Smoke.

E’ vero sono passati “solo” 3 anni dall’ottimo You Hear Georgia, ma la sensazione che avevo avuto era quella di una band talmente conscia dei propri mezzi che suonare in presa diretta le avrebbe dato una direzione nuova.

La scelta del mago della produzione, Dave Cobb, è stata quindi vincente.

I ragazzi di Atlanta, Georgia suonano come se possedessero il southern rock, come se dall’alto fossero stati investiti del titolo di eredi diretti del sound e del feeling delle band degli anni ’70.

Non sono qui per fare paragoni, ma il sapore che lasciano queste 10 tracce ha lo stesso DNA, soprattutto in alcuni passaggi, di quello che lasciavano sulle orecchie degli appassionati i dischi della Allman Brohters Band e i Lynyrd Skynyrd.

Altri tempi, vero, ma quel miscuglio di rock, blues e soul suonato dal vivo con questa naturalezza e padronanza è proprio dei grandi.

Ne è passata di acqua sotto i ponti dei Blackberry Smoke e oggi, esattamente a 20 anni dal loro esordio, sono un riferimento assoluto del rock americano.

Charlie Starr, chitarrista sopraffino, cantautore di talento e frontman dal carattere genuino, è oggi quello che Ronnie Van Zant e Gregg Allman furono per la loro generazione.

Il resto della band, Paul Jackson altro eccellente talento alla chitarra, Brandon Still che suona le tastiere come fosse al Fillmore East nel ’71, Richard Turner e il suo basso martellante e il grande e sfortunato Brit Turner dietro le pelli della sua pulsante batteria, sono un quintetto in cui la magia è di casa.

Aggiungete a questi le voci meravigliosamente soul delle Black Bettys, le percussioni di Preston Holcomb e le emozioni che regala il sesto membro “ufficioso” con la sua chitarra Benji Shanks, e avrete una band che ogni amante del rock dovrebbe avere nella propria playlist.

Be Right Here è accettare la vita così come ce la troviamo davanti, senza farci schiacciare dalle difficoltà e l’iniziale Dig A Hole è tutto questo avvolto in un southern rock fatto di riff di chitarre “grasse” con aperture dal sapore soul, arricchito dalle tastiere seventies.

La chitarra velatamente country, intramezzate da sferzanti chitarre southern, che guidano la successiva Hammer and the Nail sono perfezione, così come la prestazione vocale di Starr.

Altro giro, altro inno dal vivo.

Rock dal gusto deliziosamente vintage arriva alle nostre orecchie con Like It Was Yesterday.

Il lavoro alla produzione regala frutti gustosi e lasciare libero sfogo a queste chitarre regala assoli slide che sono gioielli lucenti.

Il rock americano nella sua accezione più profonda e pura ecco cosa è Be So Lucky, suonato come fosse la cosa più naturale del mondo: Charlie Starr è un predestinato che rimarrà nei libri di storia.

La prima ballata è un piccolo capolavoro: Azalea è un fiore talmente bello, delicato e profumato che parlarne è ridondante.

Ascoltatela e assaporate la geniale poetica sul ritorno a casa cantata da una voce nata per raccontare.

Non rilassatevi troppo, gli Smoke non regalano molti momenti di calma apparente e in Don’t Mind If I Do le chitarre sferzano l’aria con un southern divertente dalle reminiscenze country che sfociano in un ritornello dal groove irresistibile, anche grazie ai cori delle Black Bettys.

La successiva Watcha Know Good è uno dei risultati più fulgidi del nuovo lavoro con Cobb della band.

Non solo perché hanno scritto la canzone con il cugino Brent Cobb, ma perchè si abbandonano al loro talento, suonando un southern intriso nelle acque paludose del Sud, un sapore oscillante fra il soul e il blues come usavano fare i due fratelli Allman.

Le chitarre spargono luce magica e la voce camaleontica di Starr ci guida appiccicandosi alle anime.

La slide che avevamo apprezzato nella palude blues, aiuta invece ad uscire da quel mood più cupo con la successiva, Other Side of the Light.

L’altra faccia della medaglia dell’eredità dei grandi: un sound che brilla nel fango paludoso, ma anche sotto il sole caldo della Georgia.

Soul e rock sono alla base del suono del Sud e Little Bit Crazy ne può diventare un moderno manifesto: riff di chitarra dal groove assassino, cori come fossimo ad un concerto Gospel e tanto ritmo.

La canzone che forse più di ogni altra non vedo l’ora di vedere dal vivo il 2 ottobre 2024 a Milano: amici italiani corrente a comprare i biglietti (p.s. arriveranno assieme ai grandissimi Steel Woods, nella loro prima apparizione europea…)

Il disco si chiude con un altro inno del Sud: Barefoot Angel.

Una ballata southern che esplode in un finale intreccio di chitarre e la voce di Starr che non finisce di piacere ai nostri cuori e alle nostre povere anime in cerca di guaritori.

Gli assoli e i cori sono pane per i denti degli amanti del rock americano di qualità.

10 pezzi che regalano al mondo la miglior versione di una meravigliosa band dal talento unico.

Sono convinto che il rapporto con Dave Cobb abbia completato un sound che era già ricco e speciale e il regalare assoluta libertà a queste chitarre, questa ritmica, queste voci in presa diretta sia il segreto per prolungare l’immortalità dei Blackberry Smoke.

La copertina di una bellezza stordente e magica è solo il preludio a un disco che ogni amante del rock, senza esclusioni, dovrebbe mandare a memoria.

Buon ascolto,

Trex

Pubblicato da Trex

Sono un blogger e scrittore appassionato di musica indipendente americana. Scrivo gialli polizieschi e ho inventato il personaggio del detective texano Cody Myers.

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