Ammetto che l’anno scorso quando questi ragazzi dell’Alabama firmarono per la RCA Records, un po’ di timore che qualcuno cercasse di ingabbiarli o cambiarli ce l’avevo.
Le rassicurazioni sono arrivate dalle nuove canzoni eseguite quest’anno nei live e poi la casa discografica era una delle più serie. Ero quasi tranquillo.
Mai timori furono più mal riposti, amici, e ogni tanto anche qualcosa di “virale” sui social ha valore.
Eccome se ne ha.
I 5 ragazzi di Mobile regalano al mondo 11 canzoni di una bellezza stordente.
Se con il precedente Moment of Truth (2022) avevano cominciato a scaldare i motori, a muovere interesse, a stupire il pubblico con il loro country southern soul rock, oggi con questo secondo disco ci regalano un vero gioiello di musica del Sud.
In Alabama il serbatoio del talento sembra non esaurirsi mai, un po’ come in Texas, e oggi Brandon Coleman (voce, chitarre, tastiere), Drew Nix (chitarre, armonica), Andrew Bishop (basso), Zach Rishel (chitarre) e John W. Hall (batteria) possono a pieno titolo iscriversi come il miglior gruppo uscito negli ultimi anni dalle fucine dello stato.
Prendete un frullatore e metteteci la malinconia di una vecchia canzone country, l’energia di un rock and roll anni ’50 che esce da un juke-box, la forza espressiva del southern e la spiritualità del soul di un coro gospel ed ecco che avrete il sound che i Red Clay Strays regalano al mondo.
In questo viaggio si fanno guidare dal maestro della console (che nel disco suona anche alcuni strumenti) il grande Dave Cobb e la collaborazione aggiunge al loro sound profondità e varietà.
Basta mettere la puntina sul disco e parte Disaster: un brano che pare rarefatto, blues d’altri tempi, ma poi piano piano cresce e afferra l’anima con energia e graffi elettrici.
La voce di Brandon Coleman è un colpo al cuore ad ogni nota e gli assoli sembrano arrivare come squarci nel blu scuro.
L’energia rimane su livelli altissimi anche con la successiva Wasting Time.
Il southern rock suonato come se fosse stato inventato da loro e padroneggiato alla maniera delle grandi band del passato.
La voce è qualcosa di pazzesco e fiammeggiante, ma i testi che ci parlano di resistenza alla disperazione e reazione. Bellissima.
Wanna Be Loved ha la stessa potenza, la stessa energia delle precedenti, ma non nel suono che è un blues soul dall’anima tormentata, bensì nell’intensa voce del leader.
Penetra sotto la pelle e scuote l’anima come un terremoto.
Lo stesso terremoto che provoca nei nostri speaker il velocissimo rock di Ramblin’, le chitarre sono così protagoniste che è l’unica canzone in cui il testo passa in secondo piano. Forse una pausa dal peso delle parole del resto del disco.
Forse per alleggerire il peso che le parole, la voce e la musica saranno per le anime con le due canzoni successive.
Una è Drowning, lenta e strisciante come il blues delle anime dannate del Delta, ma con un testo così vivido da poterlo toccare grazie alla voce caduta come un dono dal Cielo nelle corde vocali di Brandon Coleman.
L’altra è la meravigliosa Devil in My Ear: un riff cadenzato e potente che crea un atmosfera cupa che inquieta l’anima.
La voce rende il tutto ancora più potente cantandoci parole in cui il protagonista è sopraffatto dalla realtà. Un monito contro la depressione profonda che porta a rifiutare la vita stessa.
Un pugno nello stomaco oltre che nell’anima. Stupenda.
Quando l’angoscia e il male di vivere, la voglia di non resistere sembrano prendere il sopravvento ecco che traspare l’anima del Sud.
Il soul cantato come alla Messa della domenica, in ginocchio davanti a Dio: On My Knees è tutto questo e sprigiona energia positiva e riff avvolgenti come fossimo negli anni ’50.
La canzone che ha dato il titolo al disco, Moments, è colma di tutto questo, momenti bui e momenti di gioia: tutto fa parte della vita e deve essere accettato.
Tutto li ha portati a dove sono ora: fallimenti, fatica, rinascite, forza d’animo.
Il disco finisce con questa convinzione e accettazione di qualcosa a noi superiore con la bellissima ballata God Does.
Quando la musica è bellezza e cultura e non solo intrattenimento, si è di fronte a qualcosa che durerà per sempre nel tempo e non sarà dimenticata per qualcosa di “più nuovo”: questo “Made By These Moments” dei Red Clay Strays è speciale e sarà qualcosa da cui nessun amante della musica di qualità dovrebbe sottrarsi.
Una band che ha sovvertito le regole non scritte del music business: indipendenti nonostante una major, di qualità superiore nonostante il loro essere virali, ragazzi umili e semplici nonostante un successo che sta diventando debordante.
Questo 2024 sarà ricordato come l’anno più incredibile che la musica indipendente americana abbia mai visto e questo album ne è la prova più fulgida.
Elvis ha seminato in Alabama dei semi che hanno regalato dei fiori meravigliosi (fra i quali: Jamey Johnson, Adam Hood, Taylor Hunnicutt, i Muscadine Bloodline, Drake White, Drayton Farley), ma forse il fiore di Brandon Coleman e dei suoi Red Clay Strays ha un profumo così forte che sembra proprio venire dal giardino di Graceland.
Buon ascolto,
Trex