Sono legato a questa band da un sentimento profondo, da quando mi hanno colpito con la loro musica ormai più di 4 anni fa.
Li ho scoperti quando ancora erano una band “locale” e nonostante fossi un piccolo blogger che abitava in una “Galassia lontana lontana”, le mie parole erano arrivate fino agli Appalachi. (trovate qui la mia prima recensione del loro terzo disco: https://ticinonotizie.it/ascoltati-da-noi-per-voi-a-cura-di-claudio-trezzani-49-winchester-iii-2020/).
Tramite i social ho conosciuto, poi, Isaac Gibson, leader della band e artista magnifico e poi nel 2022 quando è uscito Fortune Favors The Bold (recensito qui: https://ticinonotizie.it/49-winchester-fortune-favors-the-bold-2022-by-trex-roads/), mi sono seduto a guardare l’ascesa meritatissima di un gruppo dal talento immenso.
Il mio legame con loro si è rafforzato quest’anno, dopo averli visti aprire il mio concerto dei sogni a Red Rocks (hanno aperto il concerto di Shane Smith & The Saints).
Dal vivo sono stati come me li ero immaginati e non si sono fatti intimorire da una location che toglie il fiato, anzi lo hanno tolto loro a chi non li conosceva.
Il lunghissimo preambolo è servito per avvisarvi che l’entusiasmo con cui vi sto per parlare di questo nuovo disco non è dovuto al mio legame, all’amore che ho per la loro musica, ma solo dalla sincera opinione che ho provato nell’ascoltare un album pressoché perfetto.
Leavin’ This Holler non è solo un titolo, ma è il racconto di un percorso che li ha portati ad essere una delle band di country-southern indipendenti più amate e talentuose in circolazione: dalla piccola Castlewood, Virginia alla conquista del mondo.
Isaac Gibson, voce e chitarra, Bus Shelton (chitarra solista), Chase Chafin (basso), Noah Patrick (pedal steel), Tim Hall (piano, organo, tastiere) e Justin Louthian (batteria) sono ormai una certezza e confermano con queste 10 canzoni del loro 5° disco (prodotto da Stewart Myers), la sensazione che avevo avuto al primo ascolto nel lontano 2020: una band fuori dal comune.
Si inizia con la ballata dal sapore western Favor, arrangiamento perfetto che fa da contorno alla voce mai abbastanza celebrata di Gibson: un dono del Cielo.
Ma sono le parole che canta che sono potenti e dure, come gli abitanti delle terre da dove provengono in Virginia: un legame forte che non sta solo nel nome della band.
Anche Hillbilly Happy ci parla della vita vera e dura, ma la canzone è uno scatenato honky tonk immerso in una canzone di rock da strada.
Difficile confinare i 49 Winchester in un genere, ma la base su cui si fonda tutto è il country quello vero, quello dei Monti Appalachi e ce ne accorgiamo nella successiva Yearnin’ For You.
Il banjo e il violino, una canzone country e un testo ispirato: tutto qui. Nessun effetto speciale, nessun video “virale” li ha portati a dove sono ora: solo il duro lavoro e la passione.
Make It Count è un energico rock del sud dall’anima libera e ottimista, un brano che è southern come quello delle grandi band del passato, ma è la successiva che raggiunge l’apice lirico e musicale del disco.
La title track è un piccolo capolavoro: dal testo emozionante che ci parla di come per andare avanti e cambiare le cose si debba lasciare “casa”, alla musica che è una fantastica e appiccicosa ballata sorretta dalla voce meravigliosamente soul di Gibson, che ha nella cantante Maggie Antone un controcanto perfetto.
La band fornisce una prestazione fantastica in ogni suo membro e, fidatevi, dal vivo sono anche meglio. L’assolo è la ciliegina sulla torta: bellissimo.
Fast Asleep introduce una novità nel sound e negli arrangiamenti della band: una sezione sinfonica eseguita dalla Czech National Symphony Orchestra, che sarà presente anche nel finale del disco.
Il brano è così una potente ballata sfregiata dalle chitarre, ma con una profondità unica a cui la voce di Gibson regala magia.
Una delle mie preferite in assoluto, me ne sono innamorato dopo averla sentita in anteprima dal vivo, è Tulsa.
Una divertente e ironica celebrazione dell’amore per la marjuana e la vita on the road, racchiusa in un brano che è uno dei più southern rock del disco: tastiere e chitarre potenti e valorizzate da una produzione di qualità e poi quella voce, amici miei, potrebbe cantare qualsiasi cosa.
Altra celebrazione della vita on the road, con difficoltà che si accettano volentieri per fare ciò che si ama, è Traveling Band (non è una cover dei Creedence Clearwater Revival) in cui la pedal-steel si intreccia alle chitarre per un brano che è probabilmente quello che più rimanda ai dischi precedenti.
Il disco si chiude con la traccia, forse, più coraggiosa e spiazzante della loro discografia: Anchor è una ballata intensa con un arrangiamento orchestrale che si intreccia alla ritmica: una trovata che regala profondità e potenza ad un disco già bellissimo.
Un album che trasuda bellezza: la voce di Isaac Gibson è pura bellezza, il sound della band è pura bellezza, i testi sono pura bellezza e anche il loro amore sincero per la loro terra e per i loro fans.
Un album che trasuda, anche, la passione viscerale per il proprio lavoro e per la dura vita che si sono scelti.
Ho un elenco di artisti che per me sono fondamentali, per come intendo la musica, il modo di scriverla, farla arrivare ai fans, trattare i fans: ecco, i 49 Winchester sono in questo elenco e ringrazierò per sempre chi me li ha fatti ascoltare per la prima volta.
Spero di diventare un ispiratore per tutti voi: andate a scoprirli e non ve ne pentirete.
Questo bellissimo Leavin’ This Holler aumenta la sensazione che il 2024 resterà negli annali come uno dei più incredibili che la musica indipendente abbia mai visto.
Buon ascolto,
Trex