Sono passati 5 anni da quando ho scoperto questa band.
Eh sì, perché molto prima di essere travolto (in senso buono) dal mondo indipendente, io scrivevo per una rivista musicale italiana (Magazzini Inesistenti) e, dopo anni passati a recensire artisti “storici”, cercavo qualcosa di nuovo, soprattutto per noi italiani.
Scoprii per primo Chris Stapleton e poi, grazie ai gruppi di fans su Facebook, Cody Jinks e a cascata una valanga di nuova fantastica musica indipendente.
Trex Roads non sarebbe mai esistito senza le mie conoscenze americane e proprio grazie a loro nel 2019 ascoltai e recensii l’esordio dei The Lowdown Drifters, “Last Call for Dreamers”.
Forse sono stato uno dei primi a parlare di quel meraviglioso esordio, anche prima di tanti siti americani e sono davvero orgoglioso perché, oggi, quella band sta raccogliendo il successo che merita e, dopo tantissimi singoli ed EP, finalmente ci regala un nuovo album.
Se l’esordio fosse uscito oggi in questo momento d’oro per la musica indipendente, probabilmente non avrebbero dovuto aspettare tanto per essere riconosciuti una delle band migliori, ma forse questa lunga gavetta in locali piccoli e appassionati, li ha arricchiti.
In questi 5 anni hanno condiviso il palco con tantissimi artisti in tantissime città e, come spesso vi ho raccontato, la collaborazione fra questi musicisti è il segreto che sta dietro il mondo indipendente ed infatti oggi per festeggiare l’uscita di questo disco, i Lowdown Drifters hanno aperto il concerto di Shane Smith & The Saints al Ryman di Nashville. Mica male!
La band è capitanata dalla fantastica voce e dal carattere di “Big John” Cannon, un frontman come ne esistono pochi ed è formata da elementi dal talento puro: Reina Wallace al basso e seconda voce, Dylan Welsh alla chitarra solista e ritmica, Doug Rehfeldt al violino, Josh Willaert alla batteria e alla tastiera il grande Drew Harakal (già noto per aver suonato nella band del mitico Cody Jinks).
Con Jinks, ora condividono anche la città e cioè Fort Worth, Texas, anche se i Lowdown Drifters provengono dal Nord Ovest degli States.
Questo In Time è composto solo da 8 pezzi è vero, ma sono 8 canzoni di una bellezza semplice e scintillante sotto un sole che finalmente dà importanza alla musica vera, suonata per davvero.
Il disco registrato a Norman, Oklahoma e prodotto da Wes Sharon (famoso per avere collaborato con i leggendari Turnpike Troubadours) è un mix dosato alla perfezione di country, rock e southern: un’anima rock di Seattle immersa nella polvere del suono texano.
Le chitarre ci accolgono quando facciamo partire la title track e la voce meravigliosa di Cannon ci avvolge in questo viaggio pieno di rock ed energia: era davvero “tempo” che aspettavamo nuova musica e l’attesa non è stata vana.
Il solco tracciato dalla prima canzone, continua con ritmo sostenuto anche nella successiva Ghost: chitarre e testi vividi e reali.
Un’altra ballata rock energica, con un assolo fantastico, che ci parla di una relazione che trasforma un uomo in un “fantasma” e che la voce emozionante di Big John rende così vera e che penetra l’anima.
Reina Wallace non è solo una grande bassista, ma anche una songwriter di talento e ha una voce che sembra nata per completare quella del suo frontman: ecco, tutto questo è così dannatamente emozionante nella malinconica ballata Awful Truth, dove le due voci, narrando punti di vista diversi, completano un bellissimo quadro musicale.
Burn, introdotta dal violino, è un’altro pezzo che “brucia” emozione nel cuore e forse la più country del lotto.
Due voci bellissime e un violino malinconico sorretti dalla chitarra acustica: un gemma con tanto sapore texano.
La successiva Fatherless è un’altra ballata che prende energia dalle chitarre, di quelle che vorremmo sentire in un piccolo locale fumoso, con un testo vissuto che trasuda emozioni vere: errori commessi e che si spera di non ripetere.
Le chitarre sfrecciano nel rock esplosivo di Nothing’s Sacred, una delle mie preferite e che dal vivo metterà a ferro e fuoco molti palchi, che speriamo siano sempre più importanti e da “headliner”.
Il disco si chiude con due cover stupende a cui la band rende talmente onore da farle “sue” con talento e carattere: Streets of Aberdeen degli Hellbound Glory e Trucker Speed di Fred Eaglesmith.
Un ritorno che ho atteso con ansia e non mi ha deluso.
A volte alcuni artisti inseriscono anche troppe canzoni nei propri dischi, appesantendoli: ecco, i Lowdown Drifters non fanno questo errore e questi 8 pezzi raggiungono un equilibrio perfetto di scrittura, arrangiamento ed esecuzione, aiutati da una produzione di qualità.
Il mix fra la cultura musicale del Nord Ovest e quella del Texas li ha resi una delle band più originali del panorama indipendente e il loro talento, unito all’esperienza di aver condiviso la vita musicale con grandi artisti, li ha resi quelli che sono oggi: una band di livello assoluto e conscia dei propri mezzi.
La mia speranza è di non dover aspettare così tanto per il terzo disco e di vederli presto anche da questa parte dell’Oceano.
Buon ascolto,
Trex