
Le mie non sono recensioni nel senso stretto e infatti questo è un Racconto di Trex.
Il nome distingue le due cose: io non sono un “critico musicale”, non ho questa pretesa, ma mi faccio guidare dalle emozioni e dalla passione che sento e per questo non scrivo “recensioni”, ma “racconti” e storie.
Adoro scoprire artisti quando nessuno li conosce e farmi guidare dal mio istinto che mi dice: “questo non rimarrà sconosciuto per tanto”.
Tony Logue fa parte di questi artisti e ora è diventato un amico “digitale”, lontano, ma vicino.
Ho scoperto la sua musica con un racconto datato ormai 2021 (il suo esordio “Serpents & Saviors”) e oggi è arrivato al quarto disco con una maturità artistica ben definita e una band eccezionale alle spalle.
Oggi posso dire di aver avuto ragione quando ne avevo parlato in termini entusiastici e speranzosi, ma soprattutto aver paragonato in questi anni la sua musica agli inizi di uno dei suoi artisti preferiti (potete leggerlo nell’intervista Indipendente che ha fatto con me qualche tempo fa).
Questo Dark Horse potrebbe benissimo essere scambiato per un disco del primo Bruce Springsteen.
Non sono blasfemo e so di cosa parlo: ho adorato quelle sonorità e quell’abilità di mettere in parole dei piccoli film come fosse un regista o uno sceneggiatore rock.
Tony Logue, assieme alla squadra vincente del precedente The Crumbs (2023) e cioè il produttore Sean Sullivan e la sua band i 184, ci regala un vero gioiello di musica rock americana d’autore come non se ne sentivano da anni.
I 12 pezzi che compongono questa opera sono la dimostrazione che siamo di fronte ad un artista che sta rendendo orgoglioso il “suo” Kentucky, un cantautore di razza purissima.
La band vi dicevo è pura qualità: Jason Munday alla batteria, James Lindsey alla chitarra e Kyle Robertson al basso, con l’aggiunta di una all star della musica country indipendente fra cui Tammy Rogers.
Il singolo Cinnamon Blonde apre il disco come fossimo su di un’autostrada rock: chitarre, ritmo e un film davanti agli occhi.
Le somiglianze con la musica che ha segnato la sua vita, quella del Boss per antonomasia, cominciano a farsi sentire forte.
Il ritmo di The Dawn è un rock di classe, l’arrangiamento valorizza un testo così vero e così vivido che lo si può vedere davanti agli occhi.
Le chitarre ricamano un pezzo splendido, ma siamo solo alla seconda e scoprirete che vale per tutte queste storie in musica.
La title track è un pezzo maestoso di puro rock americano: ritmica che pulsa e chitarre che graffiano, ma il testo amici è pura poesia che ha qualcosa (tanto secondo me) di autobiografico.
Tanto lavoro, tanta grinta, il non mollare mai anche se ti senti quasi invisibile e che nessuno ti noti, lo hanno portato ad essere considerato uno dei migliori cantautori indipendenti delle ultime generazioni.
Grindstone è un riff assassino di quelli che avrebbero reso orgoglioso il grande Tom Petty. Una cavalcata di southern rock elegante e ruvida allo stesso tempo.
Un abbraccio sporco e intenso: il Kentucky abbraccia l’Alabama.
Con la successiva Honey Suckles si cavalca con un’energica ballata che sembra arrivare da Darkness in the Edge of Town: il testo è dipinto davanti ai nostri occhi e la voce di Tony è intensa e narrativa, un cantautore fantastico.
La potente So Help Me God tratta un tema importante e non facile come il problema di salute della mente, l’ansia, lo sprofondare dei pensieri nell’oscurità.
E’ una canzone vera, potente e che tocca l’anima come solo i grandi sanno fare.
Comin’ Home è una canzone rock dall’anima blues e il testo pare la storia di ogni artista indipendente in giro per 300 giorni l’anno lontano dalla sua amata famiglia.
Autobiografica e vera, con un arrangiamento spettacolare e l’ennesima prestazione da incorniciare della sua band.
Se esiste un sound alla Tony Logue lo potete sicuramente sentire in Yellow Rose: intenso, rock, emozionante e con una storia da raccontare.
Se posso azzardare, un filo rosso invisibile la lega a Broken Window Serenade dei Whiskey Myers, quasi la stessa storia, ma da un’altra angolazione.
La storie sono così potenti, ma anche il suono non è mai stato così vibrante e rock.
Sentite Savanna e potrete sentire gli echi della E-Street Band scendere le vallate degli Appalachi: la stessa furia poetica, la stessa emozionante voglia di raccontare storie.
Arrivo alla struggente ballata che chiude il disco, Thorns, che riporta il suono del Tony Logue degli esordi: un poeta con la sua chitarra acustica.
Non ricordo se ho citato tutte le canzoni di questo meraviglioso viaggio musicale, forse no, ma non volevo risultare lungo e togliervi il piacere di scoprire questi 12 gioielli.
Un disco che conferma Tony Logue uno dei migliori cantautori americani: scrittore, poeta di strada e vita vera e musicista di assoluto livello, sorretto da una band eccezionale.
I 3 dischi precedenti lo avevano messo sulla mappa e avevano dimostrato quanta qualità ci fosse nella sua penna, nelle sue dita e nella sua voce, questo Dark Horse è di un altro livello.
Questo album non ha nulla da invidiare ai primi lavori di quello che è stato uno dei suoi artisti preferiti: gli Appalachi hanno il loro Boss e tutti gli amanti del rock americano di qualità dovrebbero conoscerlo e spargere il verbo: è un dovere morale.
Sono sincero, da scrittore, ho sempre invidiato la capacità di “scrivere un libro o un film” in poche righe come faceva il primo Springsteen: ecco, Tony Logue ha quella capacità e grazie a Dio la condivide con tutti noi.
Buon ascolto,
Trex.